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O tannenbaum

La decorazione degli alberi di Natale è una tradizione cominciata in Germania durante il Rinascimento. Tuttavia, le sue radici risalgono a molto tempo prima: le piante sempreverdi avevano un significato speciale in numerose culture molto prima dell’avvento del cristianesimo. Oggi, decorare un albero con ghirlande, palline, decorazioni varie, bastoncini di zucchero, luci lampeggianti (o candele), ecc. è una tradizione diffusa in tutto il mondo, con molte variazioni locali sul tema.
Sebbene il popolare canto natalizio, “O Tannenbaum”, si riferisca ad un abete (Tanne in tedesco), in realtà diverse conifere sono utilizzate, come ad esempio specie di abete, abete rosso, pino, ecc. (1), spesso scelti a seconda dell’area geografica. Il più comune in Europa, ad esempio, è l’abete rosso (Picea abies).
Sfortunatamente, queste specie di conifere devono affrontare diversi problemi: questioni legate al cambiamento climatico, ma anche diversi stress biotici (spesso esacerbati dallo stress abiotico), come malattie fungine (che causano tumori e altre problematiche) e attacco da parte di erbivori e di coleotteri della corteccia (2). D’altra parte, però, queste piante hanno sviluppato diversi meccanismi fisici e chimici di difesa (3,4).

Conifere e resina

Durante un’escursione in un bosco di conifere o semplicemente passando vicino ad un abete o un pino, potresti aver notato l’emissione di un materiale giallo chiaro o ambra e gradevolmente profumato da tronchi o rami. Questo materiale è la resina (o oleoresina), una miscela di monoterpeni (C10) e diterpeni (C20) e, in misura minore, sequiterpeni (C15), prodotti da molte specie di conifere.1 Sebbene la composizione della resina vari notevolmente tra specie diverse e tra popolazioni e individui della stessa specie, in dipendenza da diversi fattori (stagione, area geografica, altitudine, ecc.), esempi di monoterpeni solitamente presenti sono α- e β-pinene, limonene, mircene, sabinene, ecc., alcuni dei sesquiterpeni sono cariofillene, longifolene, umulene, mentre per i diterpeni i composti più abbondanti sono gli acidi diterpenoidici, soprattutto derivati dell’acido abietico e del pimarico (3).

Perché viene prodotta la resina? Be’, essa sembra essere coinvolta in molti processi biologici legati alla difesa. Dopo tutto, molti dei suoi costituenti principali hanno dimostrate attività biologiche. Tuttavia, la resina rappresenta anche una prima linea di difesa, agendo da barriera fisica sigillando le ferite. Quando si verifica un danno meccanico, la resina viene emessa sulla superficie e a seguito dell’esposizione all’atmosfera, i composti volatili C10 / C15 (che potrebbero fungere da solvente per gli acidi della resina) evaporano, mentre gli acidi della resina C20 vanno incontro a polimerizzazione ossidativa per formare una barriera indurita che sigilla la ferita e spesso intrappola ed espelle potenziali invasori (un processo chiamato “pitching out“) (5).

A seconda della specie, la produzione di resina può essere costitutiva o inducibile. Nel primo caso, è prodotta indipendentemente da qualsiasi trigger esterno e immagazzinata in strutture secretorie specializzate, come i cosiddetti dotti, vescicole, vesciche, ghiandole o cellule resiniferi (3). Nel secondo, viene prodotto in risposta allo stress (3). L’abete rosso, ad esempio, ha dotti resiniferi costitutivi, ma è stato dimostrato che dopo l’esposizione a stress produce anche nuovi dotti resiniferi (traumatici).

Resina e chimica ecologica

Tra i suddetti parassiti, i coleotteri della corteccia (così chiamati perché scavano delle gallerie nella corteccia e poi in altri organi dell’albero) sono gli agenti più distruttivi (6). Sebbene la maggior parte dei coleotteri della corteccia viva e si nutra su alberi morti, alcune specie hanno bisogno di alberi vivi, che però di solito non sopravvivono alla colonizzazione. Gli insetti sono guidati da segnali visivi, tattili e olfattivi e selezionano un albero ospite, di solito uno che è già fisicamente o fisiologicamente danneggiato.
I monoterpeni volatili, pur essendo tossici per i coleotteri, forniscono un “marchio” specie-specifico e, per loro natura, funzionano molto bene come segnale chimico olfattivo per localizzare i potenziali alberi ospiti, dato che vengono anche emessi in quantità maggiori quando l’albero è danneggiato (6). Una volta che l’ospite è stato localizzato, i coleotteri pionieri scatenano l’attacco di massa, richiamando altri coleotteri della stessa specie attraverso i feromoni di aggregazione (cioè, sostanze chimiche che inducono la formazione di gruppi riunendo molti individui). I monoterpeni delle oleoresine sono coinvolti anche in questo processo. Molte specie di coleotteri della corteccia sintetizzano i feromoni di aggregazione a partire dai componenti volatili dell’oleoresina (6). È stato proposto che questo fenomeno si sia evoluto come meccanismo di detossificazione dei monoterpeni tossici e che poi l’utilizzo dei prodotti di detossificazione come feromoni sia venuto successivamente.
Ad esempio, il bostrico tipografo, Ips typographus, produce (+)-cis-verbenolo e (+)-trans-verbenolo attraverso l’ossidazione rispettivamente del (-)-α-pinene e del (+)-α-pinene, ottenuti dalla pianta ospite. Individui di questa specie usano questi composti per avviare l’attacco di massa. È interessante notare che solo il cis-verbenolo funge da feromone di aggregazione per Ips typographus. Pertanto, la presenza dei due isomeri del pinene “diluisce” l’efficacia del messaggio (5). Quando la popolazione diventa troppo abbondante, i coleotteri segnalano agli individui della stessa specie che è ora di cercare un nuovo ospite: il verbenolo viene ulteriormente ossidato a verbenone, che agisce come un feromone di dispersione (5).
Va detto a questo punto che esistono specificità per ogni conifera e per i diversi insetti e che le interazioni sono ancora più complesse di quanto qui descritto. Sono coinvolti diversi monoterpeni e meccanismi, ma tutti sono ugualmente (se non più) affascinanti. In alcuni casi, ad esempio, le specie di coleotteri coesistenti utilizzano messaggi “complementari”. Inoltre, alcuni dei monoterpeni attraggono anche i parassitoidi e i predatori di coleotteri della corteccia.
Dopo l’attacco di massa, gli insetti si accoppiano e depongono le uova nei tunnel scavati nell’albero. Le uova schiudono e le larve si nutrono nei tunnel e lì si sviluppano, causando grossi problemi agli alberi, poiché distruggono importanti strutture anatomiche (6). Questo di solito provoca la morte dell’ospite, da cui poi emergono i giovani adulti e il ciclo ricomincia. Il danno è aggravato anche dal fatto che questi coleotteri portano con sé funghi patogeni, che li “aiutano” a distruggere l’albero (6).

La relazione tra conifere, le loro difese e i parassiti che si sono adattati ad esse è molto interessante. In condizioni normali, la maggior parte delle conifere che producono resina sono molto ben protette, grazie a varie barriere chimiche (non solo resina, ma anche flavonoidi e fenoli in generale) e fisiche (4). Solo gli alberi già danneggiati e indeboliti vengono attaccati. Tuttavia, recentemente, abbiamo assistito a sempre più infestazioni epidemiche e l’impatto antropogenico è sicuramente una delle cause determinanti (3).

Uso della resina da parte dell’uomo

Tornando alla resina, sappiamo che l’uomo utilizza spesso le magnifiche sostanze chimiche prodotte dalle piante per scopi diversi, e questo vale anche per i singoli componenti delle resine. Sebbene i composti puri siano generalmente ottenuti da matrici meno complesse, la resina stessa (o frazioni di essa) è ampiamente utilizzata. È stata utilizzata, ad esempio, per migliaia di anni dai costruttori di navi per impermeabilizzare corde e teloni e per sigillare le giunture delle navi di legno. Era usata anche per impermeabilizzare e sigillare molti altri oggetti. Inoltre, è molto persistente e l’analisi dei componenti della resina del legno può aiutare nell’identificazione dell’albero da cui il legno deriva (7). Questi sono alcuni dei motivi per cui la resina è molto importante anche dal punto di vista archeologico e della storia dell’arte. Come non menzionare qui anche la resina fossile, l’ambra, che non solo è ampiamente utilizzata in arte e gioielleria, ma ha anche conservato insetti e altri piccoli organismi incorporati prima che si indurisse (8).
È possibile separare la parte volatile e la parte acida della resina, ottenendo rispettivamente trementina e colofonia. La trementina è utilizzata come solvente per vernici e nell’industria chimica come base per produrre solventi, detergenti, fragranze, aromi alimentari, prodotti farmaceutici, insetticidi, ecc. (9). La colofonia era inizialmente un prodotto di scarto e ora viene utilizzata come ingrediente di pitture, vernici, plastica, lubrificanti, colle, asfalto, gomma, insetticidi, germicidi, cosmetici, gomme da masticare e numerosi prodotti farmaceutici e ampiamente utilizzata nell’industria della carta (9).
Infine, sono riportate applicazioni della resina in campo medico, per il trattamento delle ferite (10).

Nota
1. I terpeni sono composti sintetizzati in via modulare a partire da un’unità C5 (in realtà ci sono due unità che reagiscono tra loro nella prima fase della biosintesi: dimetilallil difosfato e isopentenil difosfato) attraverso le vie biosintetiche del metileritritolo fosfato (MEP) e dell’acido mevalonico (MEV). Queste unità vengono unite tra loro e le catene così sintetizzate subiscono processi di ciclizzazione, riarrangiamenti, ossidazione, ecc. grazie a specifici enzimi e a reazioni che coinvolgono intermedi carbocationici. La diversità dei composti ottenuti in questo modo è sorprendente. Questi composti includono diversi metaboliti di origine vegetale, inclusi appunto i terpeni che costituiscono l’oleoresina.

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